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Diritto bancario: le parole per farsi sentire.

Diritto bancario: le parole per farsi sentire.

  • Banche, credito, usura
Dalla A di "Anatocismo" allo... zero-virgola degli "interessi corrispettivi", passando per i "tassi usurari". Quando si parla di costi del credito, le parole contano: Difesa d'Impresa raccoglie e spiega le più importanti.

Un post per imprese e clienti che vogliono capire se stanno pagando il giusto, da consulenti legali che sanno farsi sentire dalle banche. Dopo la pubblicazione delle parole chiave del diritto tributario e del diritto fallimentare, passiamo ora a quelle di un altro ambito molto importante, il diritto bancario.

Il diritto bancario è quel ramo del diritto in cui vengono studiati i rapporti giuridici che si instaurano tra la banca e gli altri "oggetti del diritto": i clienti dell'istituto di credito, che possono essere l'imprenditore, una piccola - media impresa, una società, un semplice risparmiatore, un investitore... chiunque instauri un rapporto con la banca.

L'attività bancaria consiste principalmente nella raccolta del risparmio tra il pubblico e nell'esercizio del credito, la cosiddetta intermediazione. Da questa attività trae origine e si sviluppa la categoria dei contratti bancari disciplinati dal codice civile agli articoli 1834 e seguenti. Essi vengono distinti in due categorie: le operazioni ed i servizi.
- Con il termine operazioni facciamo riferimento a quei contratti che regolamentano o la raccolta del risparmio presso il pubblico o l'erogazione del credito.
- Con il termine servizi intendiamo invece quei contratti che non attuano una funzione tipicamente bancaria ma che sono da sempre appannaggio delle banche: ad esempio i servizi di investimento in strumenti finanziari.

Un termine che spesso sentiamo collegato alla materia bancaria è "usura". L'usura consiste nel concedere prestazioni di denaro od altra utilità a tassi di interesse considerati illegali. Il quadro normativo di riferimento è stato profondamente modificato dalla legge 108/1996. La definizione di tassi usurari è stata inserita all'art. 644 terzo comma del codice penale:

"la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all'opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria. [...] Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito".

Il limite oltre il quale gli interessi sono considerati usurari è rappresentato dal "tasso soglia". Il tasso soglia cambia con cadenza trimestrale: si ottiene, infatti, considerando il TEGM (tasso effettivo globale medio) rilevato trimestralmente dal Ministro dell'economia, sentiti la Banca d'Italia e l'ufficio italiano cambi, maggiorato del 25%, cui va aggiunto poi un margine di ulteriori 4 punti percentuali. Ad esempio se il TEGM è del 10%, prima si aumenta del 25%, producendo un risultato pari a 12,5%, a cui si sommano ulteriori 4 punti, portando il tasso soglia al 16,5%. La normativa specifica anche che il divario massimo fra il TEGM ed il tasso soglia non possa superare gli 8 punti percentuali: nell'esempio appena proposto, il tasso soglia non avrebbe potuto essere superiore al 18%. L'art. 1815 del codice civile stabilisce la nullità delle clausole nelle quali sono convenuti interessi usurai. La vittima, in tali casi, può domandare la ripetizione (restituzione) di tutte le competenze versate nei trimestri afflitti da usura.

Restando in tema di interessi, chi non ha mai sentito parlare di "interessi corrispettivi" e "interessi di mora"? Cominciamo dai primi. In forza dell'art. 1282 del codice civile, indipendentemente da qualsiasi accordo tra debitore e creditore, i crediti liquidi ed esigibili di denaro producono interessi verso il creditore salvo che la legge o il titolo stabiliscano diversamente. Tali interessi sono definiti corrispettivi proprio per sottolineare che essi risultano dovuti di per sé e la relativa misura è stabilita dall'art. 1284 del codice civile. Dal primo gennaio 2015 gli interessi corrispettivi sono pari allo 0,5% in virtù del periodico d.m. del Ministero dell'Economia e delle Finanze. Gli interessi corrispettivi hanno natura "remuneratoria".

Gli interessi di mora, ai sensi dell'art. 1224 del codice civile, sono invece quegli interessi che decorrono automaticamente sulle somme di denaro dovute dal giorno in cui il debitore sia stato costituito in mora. Tali sono dovuti anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno. Al contrario il debitore non può provare l'assenza del danno. Il tasso può essere pattuito o meno dalle parti. Qualora non sussista un accordo al riguardo, la misura degli interessi è stabilita dal d.Lgs 231/2002 e al creditore spetta l'ulteriore risarcimento se dimostra un'ulteriore danno. Se, al contrario, si perviene ad un accordo sul quantum degli interessi ed essi superano quelli legali previsti dall'art. 1284 del codice civile, gli interessi di mora sono pari a quelli convenzionali e alcun ulteriore risarcimento è dovuto. Hanno quindi natura risarcitoria.

Parlando di interessi, torna spesso l'espressione "credito liquido ed esigibile". Ecco di cosa si tratta. Si dice "liquido ed esigibile" un credito determinato nel suo ammontare e il cui pagamento possa essere richiesto, in quanto il termine per l'adempimento sia scaduto o non sia stato previsto. Se apposto, il termine si presume essere a favore del debitore, ossia il creditore non può domandare l'adempimento prima della scadenza dello stesso. Se, invece, è stato pattuito un termine a favore del creditore, questi può chiedere l'adempimento in qualunque momento ed il credito diviene esigibile quando viene esercitato questo diritto. Se un credito diviene esigibile ed era prevista una condizione sospensiva, allora significa che l'evento dedotto si è verificato. Al contrario, se era stata apposta una condizione risolutiva, l'esigibilità del credito dimostra che l'evento dedotto è divenuto impossibile.

Anche "anatocismo" è un termine tecnico divenuto "popolare" (specie tra cittadini e imprenditori arrabbiati con il sistema bancario). Ma cos'è esattamente? L'anatocismo bancario è la produzione di interessi da altri interessi scaduti o non pagati, su un determinato capitale. Nell'ordinamento italiano l'anatocismo è espressamente disciplinato dall'art. 1283 del codice civile, il quale stabilisce che si possano produrre legittimamente, in assenza di usi contrari, interessi su altri interessi solo qualora quest'ultimi siano scaduti da almeno 6 mesi e ci sia stata o una convenzione posteriore a tale scadenza, od una domanda giudiziale diretta ad ottenere appunto tali interessi su interessi.

E cosa si intende per "debitore in mora"? Con questo termine si indica un soggetto che è in ritardo con un adempimento, nel nostro caso con un pagamento. Il debitore è "costituito in mora" secondo le modalità previste dall'art. 1219 del codice civile. La costituzione si effettua quindi attraverso intimazione o richiesta, compiuta per iscritto, all'adempimento della prestazione. In tre casi il debitore è in mora ex lege:
- quando il debito derivi da fatto costituente illecito civile o penale;
- quando il debitore abbia dichiarato per iscritto di non voler adempiere;
- quando sia scaduto il termine e la prestazione debba essere eseguita al domicilio del creditore.

Le conseguenze della mora. Non sono di scarsa rilevanza: qualora la prestazione divenga successivamente impossibile, anche per causa non imputabile al debitore, egli è comunque considerato responsabile. Dal giorno della mora decorrono anche gli interessi moratori, se la prestazione ha a oggetto un pagamento in denaro.

Ma un imprenditore (o cliente di una banca in genere) che ha contrasti con un istituto di credito deve per forza risolverli davanti ad un giudice? No. Ci sono altre vie, di cui una obbligatoria per legge: è la "mediazione"

La mediazione è un procedimento disciplinato dal d.Lgs. n. 28/2010: è una attività, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa.
Si tiene presso uno degli organismi autorizzati dal Ministero della Giustizia ed è gestita da un mediatore, che ha come unico fine quello di comporre un contrasto fra due o più parti. Se si perviene ad un accordo, si redige un verbale che, sottoscritto dalle parti, dai rispettivi avvocati e dal mediatore, costituisce titolo esecutivo.

Cos'è un titolo esecutivo? È un documento attraverso cui posso pretendere l'adempimento dell'altra parte secondo quanto prescritto nel titolo stesso. Se invece si verifica l'impossibilità di raggiungere un'intesa, si potrà procedere per vie giudiziali.