Dirigenti decaduti: sentenza favorevole al contribuente CTP Lecce.
- Sentenze
C.T. Prov. Lecce 21.5.2015 n.
1789/2/15
RITENUTO IN FATTO
L'associazione ALFA ONLUS, con
sede in G. (Le), nella persona del legale rappresentante sig. C. Andrea,
rappresentato e difeso dall'Avv. Maurizio V. del foro di Lecce, ricorre contro
l'Agenzia delle Entrate/Direz. Prov.le di Lecce in relazione all'avviso di
accertamento n. [Omissis] per l'importo di 73.590,50 (comprensivo di
sanzioni), notificato in data 19.2.2014 ed emesso per l'anno di imposta 2010:
l'avviso di accertamento risulta firmato dal Dr. Antonio Ca., su delega del
Direttore Provinciale Dr. Adolfo D.G.
Avverso l'avviso di accertamento
la società ricorrente ha presentato tempestivo ricorso, eccependo:
- la nullità dell'avviso di
accertamento per evidente difetto di sottoscrizione, ai sensi dell'art. 42,
primo e terzo comma, DPR n. 600/73, anche alla luce della recente sentenza n.
37 del 25.2.2015 della Corte Costituzionale, come più volte ribadito in sede di
discussione orale;
- la nullità dell'avviso di
accertamento per difetto di motivazione;
- la nullità dell'avviso di accertamento
perché fondato su presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e
concordanza;
- nel merito, il mancato
riconoscimento di tutti i costi regolarmente sostenuti e documentati nei vari
allegati al ricorso introduttivo; con l'eventuale nomina di un C.T.U.;
- infine, la totale illegittimità
delle sanzioni.
L'Agenzia delle Entrate ha
presentato le controdeduzioni con prot. n. [Omissis], ribadendo le ragioni
della propria pretesa impositiva, ritenuta pienamente fondata.
Alla pubblica udienza del 4.5.2015
le parti, dopo ampia ed approfondita discussione orale, si sono riportate ai
rispettivi scritti difensivi ed alle rispettive eccezioni di diritto e di
merito. La Commissione decide come da dispositivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L'avviso di accertamento in
contestazione deve essere annullato ai sensi dell'art. 42, primo e terzo comma,
del DPR n. 600/73, già nella premessa citato, alla luce di quanto disposto
dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 37 del 25.2.2015. Infatti, con la
succitata sentenza, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale:
1) dell'art. 8, comma 24, del DL
n. 16 del 2.3.2012, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della
Legge n. 44 del 26.4.2012;
2) dell'art. 1, comma 14, del DL
n. 150 del 30.12.2013, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,
della L. n. 15 del 27.2.2014;
3) dell'art. 1, comma 8, del DL
n. 192 del 31.12.2014.
Tutte le succitate norme sono
state dichiarate incostituzionali in riferimento agli artt. 3, 51 e 97 della
Costituzione.
Infatti, secondo la costante
giurisprudenza della Corte Costituzionale "nessun dubbio può nutrirsi in
ordine al fatto che il conferimento di incarichi dirigenziali nell'ambito di
un'amministrazione pubblica debba avvenire previo esperimento di un pubblico
concorso e che il concorso sia necessario anche nei casi di nuovo inquadramento
di dipendenti già in servizio. Anche il passaggio ad una fascia funzionale
comporta l'accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più
elevate ed è soggetto, pertanto, quale figura di reclutamento, alla regola del
pubblico concorso" (sentenze della Corte Costituzionale n. 194 del 2002,
n. 217 del 2012, n. 7 del 2011, n. 150 del 2010 e n. 293 del 2009).
Di conseguenza, alla luce della
suddetta sentenza, sono decaduti, con effetto retroattivo, dagli incarichi
dirigenziali tutti coloro che erano stati nominati in base alle succitate norme
dichiarate incostituzionali e, di conseguenza, devono ritenersi illegittimi
tutti gli avvisi di accertamento firmati da dirigenti nominati in base alle
leggi dichiarate incostituzionali.
Occorre precisare, infatti, che,
in base allo Statuto dell'Agenzia delle Entrate (approvato con delibera del
Comitato direttivo n. 6 del 13.12.2000, aggiornato fino alla delibera del
Comitato di gestione n. 11 del 21.3.2011) ed in base al Regolamento di
amministrazione dell'Agenzia delle Entrate (approvato con delibera del Comitato
direttivo n. 4 del 30.11.2000, aggiornato fino alla delibera del Comitato di
gestione n. 57 del 27.12.2012), le Direzioni Provinciali dell'Agenzia delle
Entrate sono sempre uffici di livello dirigenziale ed i relativi dirigenti,
legittimamente nominati, devono sottoscrivere gli avvisi di accertamento o
delegare altri dirigenti, a seconda della rilevanza e complessità degli atti.
Infatti, in base all'art. 42 citato:
- " gli accertamenti sono
portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi
sottoscritti dal capo dell'Ufficio o da altro impiegato della carriera
direttiva da lui delegato" (primo comma);
- "l'accertamento è nullo se
l'avviso non reca la sottoscrizione (...)" (terzo ed ultimo comma).
Il "capo dell'Ufficio"
è sempre il dirigente, anche perché nel 1973, quando fu approvato il DPR n. 600,
non era prevista né disciplinata la figura del "dirigente", come
invece è avvenuto dal 2000 in poi con lo Statuto ed il Regolamento in
precedenza citati.
Di conseguenza, se l'avviso di
accertamento è firmato da un non-dirigente, l'atto discrezionale e non
vincolato è viziato da nullità assoluta, ai sensi dell'art. 21 septies della L.
n. 241 del 7.8.1990, che testualmente dispone:
"E' nullo il provvedimento
amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto
assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del
giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge",
come, appunto, prevede il citato art. 42, terzo comma.
La Corte di Cassazione, sulla
questione, ha stabilito i seguenti principi:
- la figura del capo dell'Ufficio
deve sempre coincidere con quella del dirigente titolare;
- la figura del personale
appartenente alla nona qualifica professionale soltanto in casi eccezionali può
sostituire il dirigente in caso di assenza o impedimento o può tenere la
reggenza dell'ufficio, in attesa della destinazione del dirigente titolare;
- è onere sempre
dell'Amministrazione Finanziaria dimostrare e documentare tutto.
In tal senso, si citano le
sentenze della Corte di Cassazione n. 18515/2010, n. 17400/2012, n. 8166/2002,
n. 17044/2013.
Di conseguenza, se un
non-dirigente firma un avviso di accertamento, lo stesso è nullo e non vale il
riferimento all'ufficio di appartenenza, che si applica nella diversa ipotesi
di firma illeggibile, ipotesi totalmente diversa da quella oggetto del presente
giudizio (in tal senso, Cass. Sentenze n. 874/2009, n. 9673/2004, n.
10773/2006, n. 12768/2006 e n. 9600/2007), né è ammessa la conservazione
dell'atto illegittimo. Nel caso in questione, inoltre, non si può invocare la
figura del cd. "funzionario di fatto", che, invece, è applicabile
quando gli atti adottati dal funzionario sono favorevoli ai terzi destinatari
(come, per esempio, i rimborsi fiscali) ma non certo quando, come nella
fattispecie in esame, gli atti sono sfavorevoli al contribuente, come lo sono
gli avvisi di accertamento (sentenze del Consiglio di Stato n. 6/1993, n. 853
del 20.5.1999).
In ogni caso, quando il
contribuente eccepisce la violazione del più volte citato art. 42, l'onere
della prova spetta sempre all'Agenzia delle Entrate, che deve contrastare le
eccezioni di parte con prove documentali valide ed appropriate (Cass. sent. n.
17400/2012, n. 14626/2000, n. 14195/2000, n. 14942 del 21.12.2012 depositata in
cancelleria il 14.6.2013).
A fronte del mancato assolvimento
dell'onere probatorio da parte del soggetto onerato, il giudice tributario non
è tenuto ad acquisire d'ufficio le prove, in forza dei poteri istruttori
attribuitigli dall'art. 7 DLgs n. 546/92, perché tali poteri sono meramente integrativi
e non esonerativi dell'onere probatorio principale (Cass. sentenza n.
10513/2008).
Nella presente controversia, a
seguito di precise eccezioni da parte dell'Avv. Maurizio V., alla luce della
sentenza n. 37/2015 della Corte Costituzionale, ribadite e precisate
durante la discussione orale all'udienza del 4.5.2015, l'Agenzia delle Entrate
non ha opposto alcuna valida documentazione, limitandosi a confermare che era
"notorio" che il Dr. Adolfo D.G. era dirigente a seguito di concorso,
ed il cd. "notorio" non può essere certo preso in considerazione da
questa Commissione, perché non di pubblico dominio.
Quindi, mancando la prova
documentale e certificata che il Dr. Adolfo D.G. era un legittimo dirigente,
titolare della Direzione Provinciale di Lecce, a seguito di regolare concorso
pubblico, l'avviso di accertamento in contestazione deve essere annullato, ai
sensi e per gli effetti dell'art. 42, primo e terzo comma, DPR n. 600/73,
perché atto discrezionale e non vincolato.
Oltretutto, l'Ufficio non ha neppure
provato in sede contenziosa che il funzionario delegato alla firma era, a sua
volta, dirigente per concorso pubblico o funzionario della nona qualifica
direttiva, ai sensi dell'art. 42, primo comma, DPR n. 600/73 (Cass. Sent. n.
17400/2012 e n. 14942/2013).
Tenuto conto della particolarità
della questione trattata, soprattutto alla luce della recente sentenza n.
37/2015 della Corte Costituzionale, appare equo compensare le spese.
P.Q.M.
La Commissione, in accoglimento
del ricorso, annulla l'avviso di accertamento impugnato per inosservanza
dell'art. 42, primo e terzo comma, DPR n. 600/73. Spese compensate.