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Dirigenti decaduti: sentenza contraria al contribuente CTP Pesaro.

Dirigenti decaduti: sentenza contraria al contribuente CTP Pesaro.

  • Sentenze
C.T. Prov. Pesaro 28.4.2015 n. 309/1/15

Motivi della decisione

La Commissione deve prendere posizione sulla questione di inesistenza/nullità dell'atto impugnato a seguito della pubblicazione delle motivazioni della sentenza n. 37 del 2015 della Corte Costituzionale, rilevabile anche d'ufficio.
Che l'atto impugnato sia stato firmato proprio da uno dei dirigenti illegittimi costituisce una petizione di principio e l'onere probatorio, in aderenza al principio generale dell'articolo 2697 del codice civile grava sulla parte che intende coltivare l'eccezione. Esso in concreto non è stato assolto pur potendosi dedurre la relativa prova dal testo della ordinanza n. 5451 del 18.11.2013 del Consiglio di Stato che contiene l'elenco dei funzionari interessati. Da ciò discende che questa Commissione non è tenuta ad alcuna verifica esplorativa contrariamente a quanto richiesto.
Tanto premesso si rileva che la decisione della Corte Costituzionale è intervenuta accogliendo la eccezione di illegittimità sollevata dal Consiglio di Stato con l'ordinanza 5451 citata in relazione alle procedure di nomina di circa 800 funzionari della Agenzia delle Entrate e del Territorio disposte con gli articoli 8, comma ventiquattro, del Decreto legge n. 16 del 2012, art. 1, comma quattordici, del Decreto legge n. 150 del 2013 e art. 1, comma otto, del Decreto legge n. 192 del 2014.
Sostanzialmente la decisione della Consulta ribadisce il principio in forza del quale alle funzioni dirigenziali degli enti pubblici si può accedere solo con la procedura del concorso pubblico. La questione è stabilire quale sia la sorte degli atti già emessi dai funzionari dell'Agenzia delle Entrate e del Territorio illegittimamente nominati.
Se si ritiene che nel campo del diritto tributario non opera la figura del funzionario di fatto e neppure il principio di apparenza (da far valere solo se l'atto sia favorevole al contribuente), i vizi del procedimento di nomina si ripercuotono immediatamente sugli atti e ne comportano la nullità al pari di quanto previsto dal difetto di delega del Direttore ai funzionari per gli accertamenti e le verifiche.
È però possibile sostenere che quando viene annullata la nomina del titolare di un organo l'accertata invalidità dell'atto di investitura non ha di per sé alcuna conseguenza sugli atti emessi in precedenza perché quando l'organo è dotato di funzioni di carattere generale il procedimento di nomina ha piena autonomia cosicché i vizi dello stesso non si ripercuotono sugli atti espressivi di detta competenza generale se non per il futuro, dovendosi comunque far sempre salvo il principio di conservazione degli atti della pubblica amministrazione che non opera nei soli casi di usurpazione di poteri che hanno anche rilievo penale. La Corte di Cassazione pare attestata in campo tributario su posizioni riconducibili a quest'ultimo filone interpretativo come si può evincere dai principi di diritto affermati nelle sentenze n. 8248/2006, n. 4283/2010, n. 1346/2012, n. 11458/2012, n. 17044/2013, n. 14942/2013, n. 220/2014, n. 18758/2014.
A ben vedere anche la sentenza n. 37/2015 della Consulta autorizza tale lettura se è vero che nel punto n. 4.2 della motivazione si afferma che la funzionalità delle Agende non è condonata dalla validità degli incarichi dirigenziali previsti dalle disposizioni censurate ... Questo passaggio induce l'interprete a concludere che la decisione ha effetti solo per il futuro mentre, per gli atti già emessi, la validità è mori discussione purché, come nel caso specifico, essi promanino e siano riferibili all'ufficio che esprime la volontà impositiva.
La Commissione ritiene più conforme ai principi generali e ad una lettura costituzionalmente orientata (articoli 53 e 97 Cost.) questa seconda opzione interpretativa. 
Il ricorso attiene alla impugnazione dell'avviso di accertamento per i maggiori redditi 2008 della società a responsabilità limitata EDIL C.P. collegati al disconoscimento di tre fatture per prestazioni pubblicitarie per un totale di 15.000 € emesse da ASd ALFA, BETA, GAMMA.
La difesa ha rilevato la illegittimità della ripresa a tassazione ostando il divieto previsto dall'articolo 90 della legge 289 del 2002, la carenza di motivazione dell'atto e la carenza di prova in ordine alla inesistenza delle prestazioni essendosi l'ufficio limitato a presumere fatti e circostanze a loro volta fondati su altre presunzioni.
Ha segnalato che la società ha sempre sostenuto lo sport nei comuni in cui era interessata ad operare per il ritorno economico positivo di tale prassi che vi era stato un effettivo aumento di fatturato. L'Ufficio si è costituito e con articolata memoria ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
In relazione alle sponsorizzazioni ed alle spese per pubblicità l'ufficio ha impostato il recupero sotto il profilo della esistenza di un quadro indiziario forte a sostegno della fittizietà quanto meno parziale dei costi fatturati.
Rileva la Commissione (in linea con numerose sentenze della Corte di Cassazione, ex pluribus si rimanda a 10257/2008, 6650/2006, 12168/2009, 16826/2007, 7340/2008, 6548/2012, 3340/2013) che l'inerenza è una nozione pregiuridica di origine economica che comprende ogni costo che appartiene alla produzione dell'imprenditore, da determinare in funzione dei beni e dei servizi acquistati. È agevole riscontrare tale requisito nell'acquisto delle materie prime ed in genere dei beni strumentali all'esercizio dell'attività ed in tali casi il disconoscimento del costo è onere dell'ufficio finanziario. Quando invece si tratta di altri beni o servizi (come le sponsorizzazioni o le prestazioni pubblicitarie) è il contribuente a dover dimostrare il collegamento funzionale, anche in termini quantitativi atteso che (si rimanda al testo della sentenza della Corte di Cassazione n. 15250 del 2012) agli uffici finanziari compete pure il potere di stabilire congruità e proporzione dei costi rispetto ai ricavi dell'impresa.
Nel caso di specie vi sono motivi oggettivi per dubitare della effettività delle prestazioni (solo in tale caso si ha l'indetraibilità dell'Iva ed indeducibilità dei costi ai fini delle imposte dirette ex art. 14 comma 4 bis della legge n. 537 del 1993 ed onere della prova da assolvere a carico del contribuente). In effetti solo qualora l'Amministrazione contesti l'indebita detrazione dell'IVA o la deduzione di costi sostenuti per operazioni soggettivamente inesistenti, il contribuente ha l'onere di provare di non aver avuto consapevolezza della falsità ideologica delle fatture emesse a fronte delle operazioni. Tale prova non può essere fornita dimostrando che la merce è stata ricevuta (o la prestazione eseguita) e ne è stato effettuato il pagamento perché si tratta di elementi non concludenti. La nozione di fattura inesistente non comprende solo l'ipotesi di mancanza assoluta della operazione fatturata ma ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale, ivi compresa l'inesistenza soggettiva (Cass. n. 62378/2006). La nozione di fattura soggettivamente inesistente presuppone da un lato la effettività della prestazione resa a favore della impresa che utilizza le fatture, dall'altro la simulazione soggettiva ossia la provenienza della prestazione da imprenditore diverso da quello indicato nelle fatture (Cass. n. 29467/2008). Nella ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti il diritto alla detrazione della imposta versata in rivalsa al soggetto diverso dall'effettivo cedente-prestatore che ha tuttavia emesso la fattura non sorge per il solo fatto della avvenuta corresponsione della imposta ma richiede anche che il committente-cessionario che invochi la detrazione fornisca sul proprio stato soggettivo in ordine all'altruità della fatturazione riscontri precisi, non limitandosi a sostenere l'avvenuta consegna della merce o il pagamento di essa e dell'IVA riportata in fattura emessa dal terzo, trattandosi di circostanze non decisive in rapporto alle peculiarità del meccanismo dell'IVA e dei relativi, possibili, abusi (Cass. n. 1950/2007). Analogamente sotto il profilo della imposizione diretta il diritto alla deduzione dei costi è possibile solo se emerge chiaramente la buona fede del contribuente che deve dimostrare di non aver avuto consapevolezza della falsità ideologica delle fatture cioè della diversità tra soggetto effettivamente autore delle prestazioni e quello indicato nelle fatture. Altrettanto autorevole principio della Corte di Cassazione (Sentenza n. 735 del 19.1.2010) conferma l'orientamento della Commissione: se è vero che la riconosciuta inesistenza delle operazioni fatturate sotto il profilo soggettivo non esclude la deducibilità ai fini della imposizione diretta dei costi sostenuti per l'acquisto dei beni da soggetto diverso da quello indicato in fattura, la prova della esistenza, inerenza e competenza del relativo costo grava sul contribuente e va assolta con elementi certi e precisi. Non è sufficiente affermare che l'impresa abbia comunque acquistato i beni fatturati da soggetti differenti da quelli indicati in quanto così facendo non viene fornito alcun elemento utile e certo per la qualificazione corretta del costo e della sua inerenza. Non dissimile è il quadro dei principi di diritto che sono più volte stati affermati dalla Corte di Cassazione in relazione al fenomeno della sovrafatturazione: ad esempio la stipula di un contratto di sponsorizzazione è certo attività lecita in quanto l'imprenditore può decidere di perseguire gli scopi aziendali ponendo in essere atti che sono idonei in via potenziale ad incrementare la redditività dell'azienda. Tuttavia non può ritenersi inibito agli uffici finanziari di valutare la inerenza di detti costi e la loro congruità in relazione alle appostazioni di bilancio ed ai valori di mercato (tra le tante si veda Cass. Sentenza n. 5374/2012) Non è sufficiente che la spesa sia stata sostenuta e contabilizzata in quanto essa deve riposare su fatti o atri di oggettiva verificabilità in ordine alla ragione della spesa ed alla sua rispondenza a criteri di economicità. Quando l'Agenzia delle Entrate anche in via presuntiva offre circostanze che pongono in dubbio tale requisito in base alle regole generali sulla ripartizione dell'onere della prova il contribuente dovrà dimostrare effettività e congruità dei costi sostenuti. Il principio di diritto è consolidato come si evince dalla serie di più o meno recenti decisioni della Corte di Cassazione (sentenze n. 9196/2011, 6650/2006, 27095/2006, 1457/2001, 6300/1998, 9/2013, 10802/2002, 18762/2006, 19489/2010, 11078/2008, 7701/2013, 3340/2013, 9108 del 6.6.2012, 8930/2011, 26851/2009, 11078/2008). 
Va premesso che l'articolo 90 delle legge 289 del 2002 non può essere interpretato come norma che istituisce un meccanismo automatico di deduzione come costi pubblicitari delle erogazioni ad enti sportivi perché esso non apporta alcuna modifica al principio della esistenza e dell' inerenza dei costi deducibili di cui all'articolo 109 Tuir.
Nel caso di specie per i contratti e le fatture con le tre associazioni l'ufficio ha rilevato il ricorso sistemati alla prassi della restituzione dell'83% di quanto fatturato documentato dal rinvenimento nel corso dell'accesso diretto negli ufficio della US BETA di un prospetto di elaborazione dati riepilogativo del dare e dell'avere con il conteggio del residuo attivo rimasto nelle disponibilità dell'ente sportivo al netto della restituzione allo sponsor. Quanto alle erogazioni verso ASD ALFA non si hanno documenti con data certa, fotografie o quant'altro comprovanti l'effettuazione delle gare e delle collegate prestazioni non aventi una conducente efficacia probatoria, una non compatibilità tra attività produttiva (settore edile) e potenziale ritorno economico delle sponsorizzazioni - pubblicità nel settore sportivo, la non marginale incidenza della spesa ed il fatturato della società. Dunque, vi è anche motivo per dubitare che i pagamenti siano stati effettivi con la conseguenza che le spese suddette non possono considerarsi inerenti ed influenti sulla determinazione della base imponibile. Quanto all'associazione GAMMA è risultata mero ente di promozione di attività ricreative e non praticante competizioni sportive. 
Le spese sono liquidate ex DM 55 del 2014 in € 782,00.

P.Q.M.

rigetta il ricorso condanna la soccombente alle spese per € 782,00.