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Dirigenti decaduti: sentenza favorevole al contribuente CTP Gorizia.

Dirigenti decaduti: sentenza favorevole al contribuente CTP Gorizia.

  • Sentenze
C.T. Prov. Gorizia 1.4.2015 n. 63/1/15

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con ricorso depositato a questo Ufficio il 10 giugno 2013, K. Silvana premesso che:
- in data 21 dicembre 2011 la G.d.F. di Gorizia chiudeva il PV di constatazione le cui risultanze venivano pedissequamente assunte da parte dell'Agenzia delle Entrate quale atto istruttorio elemento probatorio e fonte di accertamento con l'elevazione di nessuna contestazione in merito alle annualità 2006 e 2007;
- a seguito di invito contenuto nello stesso PVC in data 27 febbraio 2012 la contribuente aderiva allo stesso ai sensi dell'art. 5 DLgs. 218 del 1997;
- che in data 2 ottobre 2012 a seguito di riapertura della verifica a mezzo di indagini finanziarie ex art. 32 DPR 600/73 la G.d.F. notificava un nuovo PVC, con il quale venivano proposti alla attenzione dell'Agenzia delle Entrate alcuni nuovi recuperi a tassazione;
- che in data 30 novembre 2012 la parte presentava deduzioni difensive che venivano accolte in parte;
- che a seguito della notifica dell'avviso di accertamento avvenuta in data 19 dicembre 2012 e della successiva istanza di accertamento con adesione ex art. 6 DLgs. n. 218 del 1997 tempestivamente presentata, in data 8 maggio 2013 la parte presentava ulteriori memorie, per avere l'agenzia delle Entrate emesso l'avviso di accertamento dopo l'avvenuta adesione al PVC del 21 dicembre 2011 da parte della contribuente, ricorreva avverso l'avviso di accertamento avente ad oggetto imposte Ires, Irap ed Iva per l'anno 2006 e relative sanzioni, rappresentando i seguenti motivi:
1) illegittimità dell'avviso per violazione dell'obbligo di sottoscrizione ex art. 42 comma 1 del DPR 600 del 1973, non essendo stata prodotta la procura da parte del direttore al funzionario che aveva materialmente apposto la firma sull'avviso impugnato;
2) illegittimità dell'avviso per avere l'Agenzia emesso l'accertamento in violazione del combinato disposto degli art. 2 e 5 del DLgs. 218 del 1997;
3) infondatezza dell'avviso in quanto per le prestazioni rese dagli incaricati alle vendite a domicilio ai sensi dell'art. 25-bis del DPR 600 la ritenuta è applicata a titolo di imposta ed è commisurata all'ammontare delle provvigioni percepite ridotto del 22 per cento a titolo di deduzione forfettaria, sicché il reddito derivante da tale attività non doveva essere dichiarato e la parte non era obbligata alla presentazione della dichiarazione dei redditi;
4) indebita applicazione dell'art. 51 del DPR 633 del 1972 in quanto la sig. K. non era titolare di partita Iva e quindi non risultava applicabile la procedura ivi prevista, né la c.d. inversione dell'onere della prova;
5) infondatezza nel merito in quanto il conto corrente era utilizzato anche dal sig. G. Fernando;
6) illegittima applicazione degli accertamenti bancari, in quanto l'autorizzazione del Comandante Regionale della G.d.F. non era mai stata esibita, né era prodotta in causa;
7) infine l'ulteriore illegittima applicazione della speciale procedura in quanto sarebbe evidente che al contribuente non tenuto all'obbligo della contabilità, il quale non è obbligato in virtù di questo regime della registrazione alla registrazione dei movimenti finanziari, non può essere imposto in sede di accertamento bancario, a distanza di anni, di ricordarsi e di ricostruire minuziosamente tutta la movimentazione dei conti;
8) infine, difettando una autonoma organizzazione, comunque la contribuente giammai potrebbe essere considerata soggetta all'imposta Irap.
Si costituiva tempestivamente e ritualmente l'Ufficio finanziario: esibendo un estratto della disposizione di servizio n. 5 del direttore provinciale, con la quale il capo ufficio controlli, dr.ssa [Omissis], era stata ritualmente delegata alla firma degli avvisi di accertamento.
Rappresentava poi che non essendovi stato alcun atto di adesione per l'annualità 2006 non vi era motivo di richiamare i limiti fissati dall'art. 2 del citato DLgs. 218/97. Partendo dal dato normativo per cui nella norma citata si parlerebbe di "atto di definizione dell'accertamento parziale", se ne trae la deduzione che l'adesione al contenuto integrale del processo verbale, si traduce di fatto nel riconoscimento dell'effettiva sussistenza delle sole violazioni sostanziali, evidenziandosi così come solo tali violazioni consentano di procedere ad un accertamento. In concreto quindi l'adesione potrebbe riferirsi esclusivamente agli imponibili ed alle imposte oggetto delle violazioni sostanziali constatate, con distinto e necessario riguardo a tutti io periodi di imposta interessati dalle violazioni medesime. 
Contestava inoltre le altre argomentazioni, ribadendo soprattutto che il contribuente non aveva fornito le prove sufficienti per vincere le presunzioni legate alla procedura dell'accertamento bancario ed evidenziando che per costante Giurisprudenza non era necessario esibire il provvedimento autorizzatorio, che si affermava legittimamente emesso.
Con nota del 10 dicembre 2014, l'Agenzia delle Entrate depositava ulteriore documento: trattasi di missiva del 22 febbraio 2012 diretta alla medesima contribuente nella quale l'Ufficio rigettava l'istanza di adesione per gli anni 2006, 2007 e 2011: per i primi due anni: in quanto non sono emerse irregolarità e quanto al  2011 "in quanto il processo verbale ha per oggetto un periodo di imposta per il quale non sono ancora scaduti i termini per la presentazione della dichiarazione".
Alla Pubblica udienza del 17 dicembre 2014, dopo avere proceduto alla riunione con altra vertenza, sostanzialmente identica fra le parti (iscritta al nr. [Omissis] del RGR) e riguardante il periodo di imposta 2007, il contribuente si opponeva all'acquisizione del documento perché tardivo.
Veniva disposto il rinvio della udienza e la Commissione chiedeva nel contempo all'Ufficio l'esibizione di copia degli atti di definizione emessi per le annualità 2008, 2009 e 2010.
La sig. K. depositava atto integrativo, del 16 marzo 2015, ex art. 24 del DLgs. 546 del 1992 ed insisteva per l'illegittimità dell'atto prodotto; in sintesi instava affinché la commissione non ne tenesse conto ai fini del decidere, richiamando principi di trasparenza dell'azione amministrativa ed anche gli art. 7 della legge 212 del 2000 e 10 bis della legge 241 del 1990.
Indi all'udienza del 18 marzo 2015 la parte ricorrente depositava copia della sent. C. Cost. n. 37 del 2015, la quale aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 8 comma 24 del DL 2 marzo 2012 n. 16, conv. con modif. dall'art. 1 comma 1 della L. 26 aprile 2012 n. 44.
In pratica la Corte costituzionale ha sostanzialmente dichiarato l'illegittimità della legge "sanatoria" del 2012, con cui erano state "convalidate" le nomine dei funzionari dell'Agenzia delle Entrate a ruolo di dirigenti senza però un pubblico concorso. 
Da questa decisione, parte ricorrente, premesso come dato pacifico che gli atti dell'Agenzia delle Entrate devono essere firmati dal direttore dell'ufficio e non da altri soggetti, a meno che non siano muniti di procura (e quest'ultima venga prodotta agli atti), che gli accertamenti in argomento erano stato sottoscritti da un dipendente dell'Agenzia di Gorizia delegato però da funzionario rientrante nella previsione della citata sentenza della Corte costituzionale, ne deduceva l'inesistenza della delega e quindi l'illiceità degli avvisi stessi.
L'Agenzia delle entrate chiedeva termine per controdedurre sulla nuova questione, non obiettando sul fatto che il funzionario pro-tempore non fosse uno di quelli caducati dall'intervento della C. Cost. La Commissione invitava le parti comunque alla discussione, nel corso della quale le parti ribadivano le rispettive tesi.
Questa commissione ritiene che l'intervento della C. cost. non debba comportare affatto la caducazione (nullità) degli avvisi di accertamento qui in trattazione, ritenendo si debba applicare la teoria del funzionario di fatto.
È bene ricordare che il funzionario di fatto è figura di creazione dottrinale con la quale si tende ad indicare l'esercizio dell'azione amministrativa da parte di un soggetto privo della relativa legittimazione. La c.d. teoria del funzionario di fatto allora comporta il riconoscere legittimi gli atti compiuti dal funzionario di fatto e "trova vita solo allorquando si tratti di esercizio di funzioni essenziali e/o indifferibili, che per loro natura riguardino i terzi con efficacia immediata e diretta"(vds. Consiglio di Stato sez. IV, 20 maggio 1999 n. 853).
Invero la giurisprudenza assolutamente prevalente afferma che gli atti "medio tempore" adottati dal funzionario la cui nomina sia stata annullata sono da considerarsi efficaci, essendo irrilevante verso i terzi il rapporto fra la pubblica amministrazione e la persona fisica dell'organo che agisce.
Il fondamento giustificativo principale è nel principio di buona fede, della continuità dell'azione amministrativa, ecc. ecc.. Infatti, l'esigenza di mantenere fermi gli effetti degli atti compiuti tutela la buona fede del pubblico che viene a contatto con il funzionario per necessità e non ha motivo di dubitare, né è tenuto ad indagare sulla regolarità della sua nomina e la sua permanenza in servizio non impedita dall'autorità superiore.
Va poi ricordato che la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che l'annullamento della nomina non travolge direttamente la generalità degli atti posti in essere ma solo quelli rispetto ai quali l'illegittimità della costituzione dell'organo sia stata dedotta come motivo di invalidità derivata, mediante un rituale ricorso (Cons. Stato, Ad. plen., 29 febbraio 1992, n. 4).
Ora qui non siamo in ipotesi in cui parte ricorrente abbia posto specifico motivo di impugnazione attinente all'illegittimità della qualifica dirigenziale in capo al funzionario delegante e tuttavia la Giurisprudenza maturatasi nel settore del diritto amministrativo può essere qui di grande aiuto. E quindi questa valutazione potrebbe essere ulteriormente assorbente.
Si insegna invero che quando l'organo sia investito di funzioni di carattere generale, l'efficacia degli atti posti in essere deriva quindi dal fatto che il relativo procedimento di nomina ha una piena autonomia dal procedimento di emanazione degli atti. All'opposto, i vizi della nomina si riverberano sugli atti laddove l'organo sia investito di una specifica e determinata funzione, quale ad esempio lo svolgimento di un concorso pubblico. E così si è affermato che nel caso di nomina di un commissario "ad acta" per il compimento di atti specifici, l'annullamento della nomina comporta la caducazione degli atti adottati dall'organo straordinario (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 maggio 1979, n. 360)
E non v'è dubbio che il direttore dell'Agenzia delle Entrate di Gorizia (ora caducato) rientrasse nella prima delle due categorie.
Ciò posto, però, il ricorso appare fondato, un tanto perché l'Ufficio non avrebbe potuto, per gli anni in trattazione emettere i qui contestati avvisi di accertamento a norma del DLgs. 218 del 1997.
Conviene riportare la norma che interessa. 
"5-bis. Adesione ai verbali di constatazione.
1. Il contribuente può prestare adesione anche ai verbali di constatazione in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto redatti ai sensi dell'articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, che consentano l'emissione di accertamenti parziali previsti dall'articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e dall'articolo 54, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
2. L'adesione di cui al comma 1 può avere ad oggetto esclusivamente il contenuto integrale del verbale di constatazione e deve intervenire entro i 30 giorni successivi alla data della consegna del verbale medesimo mediante comunicazione al competente Ufficio dell'Agenzia delle entrate ed all'organo che ha redatto il verbale …" 
Dalla lettura della norma se ne trae la constatazione che, per evidenti fini deflattivi, al contribuente è consentita l'adesione entro un brevissimo intervallo di tempo prestare adesione "ai verbali di constatazione ... che consentano l'emissione di accertamenti parziali ...".
L'adesione quindi non può essere selettiva, non può riguardare questo e quel rilievo, questo o quel periodo di imposta, non può essere subordinato al preventivo vaglio di fondatezza dell'Ufficio: insomma, nel merito, la condizione è unica: verbali che consentano accertamenti parziali. 
Come afferma la Circolare 55/E del 2008 dell'Agenzia delle Entrate:
"Ai sensi del comma 2 del nuovo art. 5-bis, l'adesione "può avere ad oggetto esclusivamente il contenuto integrale del verbale di constatazione". Dal tenore letterale della norma sembrerebbe doversi desumere che l'adesione determina l'accettazione, da parte del contribuente, di tutto quanto risulti attestato nel processo verbale di constatazione."
Quindi non sarebbe possibile una adesione in presenza ad es. di un pvc privo di rilievi sanzionatori. E questo appare logico ed ovvio. Ma l'adesione deve essere totale ed incondizionata a tutto il PVC. E non è scelta da poco.
Al contribuente vengono dati anche incentivi in termini di riduzione delle sanzioni, ma questo qui non interessa.
L'Ufficio se ne avvantaggia in termini di procedure, di velocità amministrativa, ecc. Deve però a sua volta "cedere" qualcosa, infatti l'art. 2 comma 3 recita: "L'accertamento definito con adesione non è soggetto ad impugnazione, non è integrabile o modificabile da parte dell'ufficio ..."
Un tanto salvo casi particolari che vengono nello stesso art. 3 normativamente disciplinati, ma qui non interessano.
Come tutti gli accordi, e tale lo definisce ripetutamente anche l'AF (ed anche quello qui in argomento è infatti tale, se pur connotato da precise norme ed all'interno di regole pubblicistiche), le parti:
- sono libere o meno di accettarlo;
- debbono concedere " qualcosa " agli interessi della parte avversa. 
Afferma infatti l'Agenzia delle Entrate, quando spiega l'istituto, come novellato con l'art. 5-bis ora in trattazione, che il contribuente può avviare il procedimento anche quando nei suoi confronti siano stati effettuati accessi, ispezioni e verifiche, sia da parte dell'Amministrazione finanziaria che da parte della Guardia di Finanza, che si sono conclusi con un processo verbale di constatazione. In questo caso l'ufficio lo inviterà, però, solo se lo ritiene opportuno.
Tanto esposto va ricordato, quanto al caso che ci occupa, in linea di fatto che: 
- il PVC, acquisito in atti, premette di apprendere che la G, di f. "aveva avviato nei confronti della ditta in rubrica specificata una verifica fiscale ... per le annualità 2006, 2007, 2008,2009,2010 ed anno in corso ..."
- il PVC risulta portato alla conoscenza della contribuente il 20 dicembre 2012;
- la contribuente ha fatto comunicazione ex art. 5-bis in data 20 gennaio 2012;
- in data 22 febbraio 2012 risultano emessi 3 atti di definizione ai sensi dell'art. 5-bis del DLgs. n. 218 del 1997 per le annualità 2008-2009 e 2010, notificati all'interessata il 24 febbraio 2012.
La G.d.F., però, ben dopo cioè di avere inviato il PVC ora menzionato, eseguiva indagini finanziarie nei confronti della medesima contribuente, ottenendo documentazione bancaria. Quindi apriva una ulteriore verifica fiscale il 21 agosto 2012, affermando che la prima verifica aveva "consentito di ricostruire solo parzialmente il volume di affari dell'impresa ..." che si concludeva con un secondo PVC sottoscritto dalle parti il 18 dicembre 2012.
Ed è sulla base di questo secondo PVC che l'Agenzia delle entrate emetteva poi gli avvisi di accertamento qui ora contestati, per gli anni 2006 e 2007.
Orbene ritiene questa Commissione che la procedura dell'accertamento con adesione a norma dell'art. 5-bis, che erasi oramai conclusa, non avrebbe consentito all'AF di procedere ad una attività accertativa successiva, essendole questo impedito dalle disposizioni volute dal legislatore nel DLgs. 218 del 1997, per periodi di imposta cioè oggetto di accertamento tributario e poi espressamente menzionati nel conseguente processo verbale di constatazione.
L'Ufficio ha aderito alla proposta formulata dal Contribuente con l'emissione dei tre atti (acquisiti ora da questa Commissione): ora da un lato la proposta di adesione era riferita, anche cronologicamente, da parte del contribuente - come per legge - all'intero PVC (il primo e capirsi), dall'altro e successivamente l'Ufficio, senza alcuna diversa comunicazione al contribuente, ha emesso i 3 atti di definizione. Cosa se ne deve dedurre? che l'accordo era stato raggiunto; non ci sono diverse possibili interpretazioni di questi fatti (sulla missiva scritta il 22 febbraio, ma recapitata solo il 27 febbraio si tornerà fra breve).
E questo era fin qui conforme a legge. Questa era la procedura voluta dal legislatore. 
L'A.F. (e la G.d.F. ne fa ampiamente parte) è libera di scegliere tempi di apertura e chiusura degli accertamenti, è libera di aderire o meno alle proposte conciliative proposte dai contribuenti: ma se sceglie una via non può poi utilizzarla sempre e soltanto a proprio piacere.
In altre parole poiché la legge consente al contribuente alla chiusura del PVC una facoltà (art. 5-bis cit.), spetta all'AF la responsabilità di far scattare o meno questo meccanismo; una volta " chiuso " il PVC, scatta per il contribuente la facoltà non addirittura di cristallizzare definitivamente la situazione, ma solo di avanzare una proposta transattiva (sempre rifiutabile). Insomma vanno previste e meditate le conseguenze della redazione del PVC. Si inserisce in una procedura amministrativa che fa scattare diritti ed aspettative e bisogna tenerne conto.
PVC che, si badi bene, consente al contribuente di definire tutto quanto ivi indicato e non solo una parte; di contro anche all'Agenzia deve spettare identica situazione aderire alla proposta in maniera integrale e non solo ad una parte.
Il contribuente fa una scelta, e decide di aderire anche a sanzioni che egli ritiene ingiustificate, pur se inserite nello stesso PVC; la legge non gli consente alternative: o tutto o niente.
L'Agenzia delle entrate, in presenza di un PVC, parimenti decide di aderire alla proposta transattiva del contribuente, anche in presenza di situazioni che egli ritiene meritevoli di approfondimento o magari di ulteriori sanzioni, ivi non ancora contenute; la legge non gli consente alternative: o tutto o niente.
Questo è il senso dell'accordo che il legislatore aveva previsto.
Sostiene, con vigore, l'Agenzia che l'accertamento con adesione ex art. 5-bis può sussistere solo se vi sono sanzioni, e pertanto ritiene che la proposta con adesione debba riguardare all'interno del PVC solo quelle annualità in cui sono state evidenziate sanzioni.
L'argomento non convince prima di tutto perché contrasta fortemente con il dato letterale della norma che parla di adesione ai " verbali di constatazione ": il riferimento è chiaro e preciso all'interno del diritto tributario e non è equivoco.
Più precisamente ai verbali di constatazione che consentano accertamenti parziali. Ed è proprio su questo punto che l'Agenzia provinciale ha mal interpretato.
Invero come correttamente fa l'Agenzia delle Entrate con la circolare 55/E :
"... possono formare oggetto di adesione soltanto i processi verbali che contengono la constatazione di violazioni "sostanziali" alla normativa in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto basata su elementi che consentono di stabilire l'esistenza di:
- redditi imponibili non dichiarati, totalmente o parzialmente; deduzioni, esenzioni e agevolazioni in tutto o in parte non spettanti;
- imposte o maggiori imposte non versate, escluse le ipotesi di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del DPR n. 600 del 1973;
- imposta sul valore aggiunto non dichiarata, totalmente o parzialmente; detrazioni in tutto o in parte non spettanti; imposta o maggior imposta sul valore aggiunto non versata, escluse le ipotesi di cui all'art. 54-bis del DPR n. 633 del 1972."
Solo alle suddette violazioni consegue, infatti, la facoltà di procedere all'accertamento parziale ai sensi dei citati articoli 41-bis del DPR n. 600 del 1973 e 54, quarto comma, del DPR n. 633 del 1972 ... "
In altre parole l'unico limite è che questi PVC contengano violazioni che consentano accertamenti parziali; insomma non vuole affatto questo inciso fare riferimento invece " a periodi di imposta con rilievi che consentano accertamenti parziali come vorrebbe in questa sede far intendere l'AF resistente.
D'altra parte spetta sempre alla potestà amministrativa ampiamente discrezionale dell'AF individuare quali e quanti periodi di imposta sottoporre a controllo.
Esiste un ulteriore profilo.
Invero con nota del 22 febbraio, ma giunta il 27 (quindi dopo i tre avvisi di accertamento, che erano pervenuti il 24 febbraio) l'Agenzia delle entrate comunicava alla ricorrente quanto segue:
"Si comunica che l'istanza presentata in data 20 gennaio 2012 ai sensi dell'art. 5-bis .... è stata rigettata relativamente agli anni di imposta 2006 - 2007 - 2011 per i seguenti motivi:
- per gli anni 2006 e 2007 in quanto non sono emerse irregolarità .... 
Per tutte le ragioni sopra esposte per questi anni di imposta l'istanza non può essere ritenuta valida."
Ora il contribuente si è fermamente opposto a questa produzione documentale, perché tardiva (depositata in questa cancelleria solo il 17 dicembre 2014) e perché non vi sarebbe la prova che la missiva sia effettivamente stata recapitata alla ricorrente, tuttavia essa appare nel contesto complessivo ininfluente perché emessa in violazione di legge.
Non tanto perché in contrasto con l'art. 10 comma 1 dello Statuto del contribuente, non tanto perché contraddittoria con l'emissione contestuale dei tre avvisi di accertamento, quanto perché contraria alle disposizioni di cui al DLgs. 218 del 1997, che non consentono un accertamento con adesione parziale del PVC; e poiché i tre atti impositivi (frutto dell'accordo) sono pervenuti al proponente /contribuente prima dell'atto di diniego (24/27 febbraio), sono i primi tre che manifestano la vera volontà della PA, o meglio l'attività legittima della PA, e consentono di ritenere perfezionato l'accordo (arg. ex art. 1326 c.c.).
Ovvero esclusa in radice la possibilità nel caso concreto di un'adesione parziale al PVC, ovvero un'adesione limitata a solo alcuni periodi di imposta, per accertare quale sia stata la vera volontà della PA se ne deve dedurre che i casi sono solo due: o la proposta fu totalmente accettata o la proposta fu totalmente respinta. Dato che il 24 febbraio il contribuente ricevette dall'Agenzia della Entrate l'adesione alla sua proposta (con l'emissione di tre avvisi di accertamento) se ne deduce che la proposta fu accolta e quello che avvenne successivamente è pertanto ininfluente (se non contrario a legge).
Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie i ricorsi riuniti. Condanna l'Ufficio alla refusione delle spese di lite che liquida in euro 800 oltre Iva.